giovedì 5 gennaio 2017

Anis Amri e Fabrizia De Lorenzo: la simmetria atroce di un delitto



Nell’Aprile 2011 Medici senza frontiere denuncia le condizioni igieniche del centro d’accoglienza di Lampedusa, definite inferiori a quelle dei paesi più devastati. In quegli stessi giorni, nell’aprile del 2011, a Lampedusa sbarca Anis Amri da Ghaza, 19 anni. 

Soffitto infiltrato dall'urina, migranti costretti ad urinare in bottiglie di plastica, materassi sudici, impianti elettrici e idraulici in condizioni fatiscenti. E latrine sommerse dai liquami. In queste condizioni i migranti diedero fuoco a tutto e lui prese parte alla rabbia e alla ribellione. 

Per questo fu condannato e detenuto diciottenne per quattro anni in varie carceri siciliane fino a quella dell’Ucciardone. Si ritrova ultimo tre volte: perché troppo giovane, perché straniero, perché carcerato. Costretto a guardare al mondo dalla parte di quelli che possono solo subire.
 

Ora ha 24 anni e lo ritroviamo nei pressi di una città europea in grande crescita, specchio di ordine e di ricchezza, lo immaginiamo accarezzare con gli occhi le casette di legno con le lucine di Natale, incrociare lo sguardo di Federica De Lorenzo.
 

Lei è bellissima di carne rosa e idee che lo sono altrettanto: scrive contro il razzismo e per l’accoglienza.
Ma lui non la vede, sente solamente e non lo fa con le orecchie. Lui sente con lo stomaco. Pensa alle latrine di Lampedusa e alle celle dell’Ucciardone e quel mercatino di Natale gli fa venire la nausea. Anis Amri non vede Federica e, invece di amarla, la uccide.


Qualcuno dovrà pur dire che se un diciottenne ti arriva dall'Africa e tutto ciò che vede è un cesso con due spanne di liquame e l'Ucciardone, te lo sei fabbricato in casa il radicalizzato. 

Alla base c'è il solito disastro di Berlusconi e Lega. Nell'aprile 2011 si era nel pieno della primavera araba. Loro decretarono un liberi tutti sperando di sbolognare un bel po' di migranti in Europa del Nord. Cominciarono ad arrivare orde di persone e il centro di Lampedusa andò sotto pressione, al collasso, con una situazione igienica pazzesca che causò la rivolta della gente che vi era tenuta dentro a forza. 




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